CONOSCERE L’OSTEOPATIA: CHIARIMENTI ED IMPLICAZIONI DEL PRINCIPIO DI INTERDIPENDENZA

CONOSCERE L’OSTEOPATIA: CHIARIMENTI ED IMPLICAZIONI DEL PRINCIPIO DI INTERDIPENDENZA

Passimo ad analizzare ora il terzo principio chiave dell’osteopatia, il principio di interdipendenza, così enunciato da A.T. Still:

  • La struttura e la funzione sono in relazione reciproca

La sua grande acutezza di gli permise di cogliere la relazione struttura-funzione in contesti che altri non prendevano nemmeno in considerazione, alcuni neuro-muscolo-scheletrici, molti altri no.

A un certo punto, azzardò con coraggio che tutte le malattie potessero ricondursi all’effetto di un’alterazione della relazione struttura-funzione:

“La malattia è il risultato di anomalie anatomiche a cui fa seguito una perdita dell’armonia fisiologica”[1].

Implicazioni dell’Interdipendenza di Struttura e Funzione

Nella medicina e nelle scienze biologiche moderne diventiamo ogni giorno più consapevoli di quanto sia artificiale separare lo studio della struttura da quello della funzione.

Da un punto di vista clinico, la nostra comprensione di anomalie quali l’anemia falciforme è solo una manifestazione del nostro modo di applicare la relazione struttura funzione a livello cellulare. Inoltre, il nostro modo di organizzare la base conoscitiva volta alla comprensione delle strutture e funzioni biologiche normali negli ultimi dieci anni ha subito una vera e propria rivoluzione, dal momento che siamo giunti a capire quanto sia controproducente separare i campi di conoscenza nelle discipline tradizionali quali, per esempio, anatomia, biochimica e fisiologia.

L’evoluzione dell’insegnamento e della ricerca nelle scienze di base, da discipline separate da netti confini a elaborazioni teoriche integrate di biologia cellulare, rappresenta la consapevolezza del fatto che, dal livello cellulare a quello dell’essere globale, esiste una relazione interdipendente di struttura e funzione.

Siccome il sistema neuro-muscolo-scheletrico interagisce in modo interdipendente con tutti gli aspetti di struttura e funzione, i medici osteopati usano comunemente la diagnosi per palpazione e il trattamento manipolativo per identificare e curare le componenti somatiche associate, cioè le aree di disfunzione somatica. Tali competenze e principi applicati definiscono la peculiarità della professione osteopatica.

Gli osteopati sfruttano infatti le proprie conoscenze sul rapporto tra struttura e funzione per ottimizzare le capacità di autoregolazione e autoguarigione dell’organismo. Tale approccio olistico nei confronti della cura e della guarigione dei pazienti si basa sull’idea che un essere umano rappresenta un’unità funzionale dinamica, nella quale tutte le parti sono interconnesse, e che possiede dei propri meccanismi di autoregolazione e autoguarigione.

Una componente essenziale dell’osteopatia è rappresentata dalla terapia manuale osteopatica, di solito chiamata trattamento manipolativo osteopatico (TMO), che corrisponde a tutta una serie di tecniche manipolative che si possono combinare con altri trattamenti o consigli, per esempio su alimentazione, attività fisica e postura o consulenza psicologica.

La pratica osteopatica è distinta rispetto ad altre professioni sanitarie che ricorrono a tecniche manuali, come per esempio la fisioterapia o la chiropratica, sebbene vi siano delle sovrapposizioni in termini di tecniche e interventi adottati. In quanto approccio pratico nei confronti della cura dei pazienti, l’osteopatia ha contribuito alla creazione del corpo di conoscenze delle terapie manuali e della medicina complementare e alternativa. Questa distinzione è evidente se consideriamo i cinque modelli principali relativi alla relazione struttura-funzione che guidano l’approccio dell’osteopata alla diagnosi e al trattamento. Tali modelli di solito si utilizzano in combinazione per contestualizzare l’interpretazione della rilevanza di una disfunzione somatica nell’ambito delle informazioni cliniche oggettive e soggettive. La combinazione scelta viene adattata alla diagnosi differenziale, alle comorbilità (coesistenza di più patologie), ad altri regimi terapeutici e alla risposta al trattamento del paziente.

  1. Il modello di struttura-funzione biomeccanico: il modello biomeccanico considera l’organismo come un’integrazione di componenti somatiche correlate come meccanismo di postura ed equilibrio. Eventuali sollecitazioni o squilibri all’interno di tale meccanismo possono compromettere la funzionalità dinamica, aumentare il dispendio di energia, alterare la propriocezione (il senso di posizione relativa di un soggetto e il movimento di parti del corpo confinanti), modificare strutture articolari, impedire la funzionalità neurovascolare e alterare il metabolismo. Questo modello applica approcci terapeutici, comprese le tecniche manipolative osteopatiche, che consentono di ripristinare postura ed equilibrio e di usare in modo efficiente le componenti muscoloscheletriche.
  2. Il modello di struttura-funzione respiratorio/circolatorio: il modello respiratorio/circolatorio si occupa del mantenimento degli ambienti extracellulari e intracellulari attraverso la fornitura senza ostacoli di ossigeno e sostanze nutritive, nonché la rimozione di prodotti di scarto cellulari. Stress tissutali o altri fattori che interferiscano con il flusso o la circolazione di qualsiasi liquido corporeo possono compromettere la salute dei tessuti. Questo modello applica approcci terapeutici, comprese le tecniche manipolative osteopatiche, per affrontare disfunzioni a livello di meccanica respiratoria, circolazione e il flusso di liquidi corporei.
  3. Il modello di struttura-funzione neurologico: il modello neurologico considera l’influenza di facilitazione spinale, funzione propriocettiva, sistema neurovegetativo e attività dei nocicettori (fibre dolorifiche) sulla funzionalità del sistema immunitario neuroendocrino. Di particolare importanza risulta essere la relazione tra sistemi (neurovegetativi) somatico e viscerale. Questo modello applica approcci terapeutici, comprese le tecniche manipolative osteopatiche, per ridurre le sollecitazioni meccaniche, equilibrare gli input neurali e ridurre o eliminare gli impulsi nocicettivi.
  4. Il modello di struttura-funzione bio-psicosociale: il modello bio-psicosociale riconosce le varie reazioni e i vari stress psicologici che possono influenzare la salute e il benessere dei pazienti. Essi comprendono fattori ambientali, socioeconomici, culturali, fisiologici e psicologici che a loro volta influenzano la malattia. Questo modello applica approcci terapeutici, comprese le tecniche manipolative osteopatiche, per affrontare gli effetti e le reazioni derivanti da vari stress bio-psicosociali.
  5. Il modello di struttura-funzione bioenergetico: il modello bioenergetico riconosce che l’organismo cerca di mantenere un equilibrio tra produzione, distribuzione e dispendio di energia. Mantenere tale equilibrio aiuta il corpo ad adattarsi meglio a vari fattori stressogeni (immunologici, nutrizionali, psicologici, ecc.…). Questo modello applica approcci terapeutici, comprese le tecniche manipolative osteopatiche, per affrontare fattori potenzialmente in grado di deregolamentare la produzione, la distribuzione o il dispendio di energia.

Se volessimo sintetizzare al massimo il pensiero di Still, potremmo affermare che distinguere tra struttura e funzione è del tutto illusorio poiché la struttura controlla la funzione e la funzione condiziona la struttura.

 

[1] R.E. Truhlar – Doctor AT Still in the living

 

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